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Alfano: "Stefano Cucchi non doveva morire"

Trentunenne morto dopo l'arresto,

la famiglia diffonde le foto del corpo

Conferenza stampa di genitori, sorella e legali di Stefano Cucchi, deceduto dopo 8 giorni di carcere e ospedale

L'AVVOCATO:

"non abbiamo in mano nulla se non queste IMMAGINI"

Carceri italiane: da gennaio a oggi 146 morti, 59 suicidi

2009-11-03

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2009-11-03

Alfano : "Cucchi non doveva morire"

Il Guardasigilli riferisce sulla morte del trentunenne romano: "Non volle avvisare la famiglia"

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Giallo per la morte di un geometra dopo l'arresto

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Cucchi, la sorella Ilaria accusa l'ospedale Pertini

Stefano Cucchi (Ansa)

Stefano Cucchi (Ansa)

ROMA - "Prima di iniziare devo fare una premessa: Stefano Cucchi non doveva morire, si doveva evitare che morisse". Così ha esordito martedì mattina nell'Aula del Senato il ministro della Giustizia Angelino Alfano nell'ambito dell'informativa del governo sulla morte di Stefano Cucchi, morto all'alba del 22 ottobre scorso a sei giorni dall'arresto per spaccio di droga. "Ecco perché - ha aggiunto - il governo è in prima linea per accettare la verità. Tutte le nostre energie sono impegnate per accertare chi, anche con atteggiamento omissivo, abbia portato a questo tragico evento". E ancora: "Uno Stato democratico assicura alla giustizia e può privare della libertà chi delinque ma nessuno può essere privato del diritto alla salute".

L'INCHIESTA - Per la famiglia di Stefano Cucchi e per tutti i cittadini, ha continuato Alfano, dovranno arrivare "al più presto" gli "esiti chiarificatori medico-legali e investigativi" della vicenda. Occorre accertare "ogni dettaglio della verità" e gli eventuali "responsabili saranno chiamati ad assumersi le proprie responsabilità senza sconto alcuno". Il ministro ricorda che nell'inchiesta in corso ci sono due filoni: "Una è sulle lesioni su cui andrà appurato se siano state accidentali o provocate, l'altra sulla mancata alimentazione.

"NON VOLLE AVVISARE LA FAMIGLIA" - Stefano Cucchi, ha continuato il ministro, "era sempre lucido. Ha potuto decidere quello che accettava e quello che aveva deciso di rifiutare, durante la permanenza al Pertini". E lui, "ha rifiutato di sottoporsi alla visita in ospedale". Non solo. "Ha manifestato ai sanitari la volontà di non rilasciare notizie sul suo stato di salute ai genitori: in base alle notizie che mi sono state comunicate dall'amministrazione penitenziaria i familiari di Cucchi per due volte si sono recati presso la struttura penitenziaria dell'ospedale Sandro Pertini" per parlare con il giovane. Ma in entrambe le occasioni, "è stata rappresentata loro la necessità di munirsi di permesso di colloquio". Quanto al "diniego" sempre opposto ai familiari di incontrare i sanitari per avere informazioni sullo stato di salute del giovane, Alfano ha spiegato che "si è data applicazione all'accordo esistente con la Asl di Roma secondo cui nessuna informazione può essere data ai familiari senza l'autorizzazione del magistrato. Questo divieto può essere superato dall'autorizzazione firmata dal detenuto. Ma - ha aggiunto Alfano, citando alcune informazioni pervenute dal ministero della Salute - da quanto si evince dalla documentazione Stefano Cucchi ha firmato per non autorizzare alla diffusione le informazioni sulle sue condizioni di salute ai familiari".

"VERITA' DOVUTA AL PAESE" - La verità sulla morte di Stefano Cucchi è dovuta alla famiglia, all'Arma dei Carabinieri e ai medici italiani. È dovuta al Paese. Lo ha detto la presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, intervenuta in Aula al Senato dopo le dichiarazioni del ministro della Giustizia. Ha parlato con la voce a tratti rotta dall'emozione. Ha rivolto parole di apprezzamento al ministro: "Apprezziamo che lei sia qui, è un atto di rispetto e anche, in qualche modo, un atto di coraggio. Le chiedo, essendo lei un giurista, di farla per se stesso questa ricerca di verità. Noi dobbiamo sapere che cosa è successo a Stefano Cucchi e per i tanti Stefano Cucchi che cadono dalle scale e di cui non si sa nulla. Lei è un garantista per formazione ed educazione, e lo è fino in fondo".

Finocchiaro è poi tornata sulle questioni generali del mondo carcerario. "Lei - ha proseguito rivolta al ministro - aveva promesso un piano carceri che non abbiamo visto. La dignità è fatta anche di carceri degni e magari di circuiti alternativi. Le chiedo di farsi carico dell'istituzione del Garante nazionale dei detenuti. Si faccia carico di sapere - ha aggiunto - perché Diana Blefari possa morire impiccata in carcere. E queste cose accadono non solo perché sono sovraffollate le nostre carceri. Signor ministro le chiediamo di farsi garante di tutto questo. Vogliamo vigilare su questo senza protervie, senza strumentalità ". "Mi torna in mente - ha concluso Finocchiaro - la domanda che mi ha fatto mia figlia, che ha sedici anni, quando l'altro giorno mi ha chiesto: "mamma, ma che Paese mai è questo?" ".

LA FAMIGLIA - La sorella di Stefano, Ilaria, era presente in Senato nella tribuna riservata al pubblico. Invitata dal senatore dell'Idv, Stefano Pedica, Ilaria Cucchi ha ascoltato l'informativa del ministro della Giustizia, Angelino Alfano. La sorella di Cucchi ha inoltre posto alcune domande al Guardasigilli che in Aula il senatore Pedica ha rivolto per lei. E alla fine dell'intervento di Alfano, ha espresso perplessità: "Aspetto di vedere la firma di mio fratello su quel diniego alle informazioni sanitarie alla famiglia", si è infatti lasciata sfuggire la ragazza conversando con i cronisti in Senato. Dubbi anche sul numero di richieste di colloquio avanzate dai familiari di Stefano: non due, come ha detto il ministro, "perché noi siamo stati lì tutti i giorni".

 

03 novembre 2009

 

 

2009-10-29

L'AVVOCATO: "non abbiamo in mano nulla se non queste IMMAGINI"

Trentunenne morto dopo l'arresto,

la famiglia diffonde le foto del corpo

Conferenza stampa di genitori, sorella e legali di Stefano Cucchi, deceduto dopo 8 giorni di carcere e ospedale

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La foto diffusa dalla famiglia del 31enne romano

La foto diffusa dalla famiglia del 31enne romano

ROMA - Verità su Stefano Cucchi. E in tempi rapidi. La invocano la famiglia, i legali e la politica. Tutti insieme giovedì hanno convocato una conferenza stampa in Senato per chiedere di fare luce sulla morte del 31enne romano, fermato giovedì 16 ottobre nel parco degli Acquedotti perché in possesso di venti grammi di sostanze stupefacenti, e morto nel reparto detentivo dell'ospedale Sandro Pertini giovedì 22, dopo essere passato per il Tribunale, il Regina Coeli e il Fatebenefratelli.

Stefano Cucchi

Stefano Cucchi

LA FOTO - "Mio figlio - ha ribadito oggi Giovanni Cucchi - era sotto la tutela dello Stato, e dato che è stato preso in consegna dai Carabinieri chiediamo chiarezza anche al ministro della Difesa Ignazio La Russa". Più dura la sorella Ilaria: "Spero che il ministro Alfano inizierà a interessarsi davvero, perchè non mi sembra abbia risposto nè abbia detto nulla di nuovo - si è sfogata - Ora pretendiamo una risposta chiara, perchè mio fratello è morto da solo". Uscito di casa sano, gliel'hanno restituito cadavere. Otto interminabili giorni durante i quali la famiglia ha tentato invano di vedere il loro caro e di parlare con i medici che lo avevano in cura. Per sollecitare l'opinione pubblica, il padre Giovanni e la sorella Ilaria hanno distribuito le foto del corpo di Stefano scattate dall'agenzia funebre dopo l'autopsia. Immagini "drammaticamente eloquenti", come le ha definite Luigi Manconi, presidente dell'associazione "A buon diritto" e promotore dell'iniziativa: "Da sole dicono quanti traumi abbia patito quel corpo- aggiunge- E danno una rappresentanza tragicamente efficace del calvario di Stefano. La famiglia ha pensato molto se distribuirle, perché oltre ad essere scioccanti fanno parte della sfera intima". Si vede così un corpo estremamente esile (dai 43 chili del fermo è passato ai 37), con il volto devastato, l'occhio destro rientrato nell'orbita, l'arcata sopraccigliare sinistra gonfia e la mascella destra con un solco verticale, segno di una frattura.

INCHIESTA D'UFFICIO - Al momento è stata aperta un'inchiesta d'ufficio. Il legale della famiglia, Fabio Anselmo (lo stesso che seguì la famiglia Aldrovandi nel caso del figlio Fe­derico, il giovane morto a Ferrara nel 2005 dopo una colluttazione con alcuni po­liziotti che lo stavano arrestan­do), spiega che "l'atto di morte è stato acquisito dal Pm, per cui non abbiamo in mano nulla se non queste foto e un appunto del nostro medico legale". Dal quale si evince che "sul corpo non sono stati riscontrati traumi lesivi che possano aver causato la morte, ma escoriazioni, ecchimosi e presenza di sangue nella vescica. Aspettiamo gli esiti dell'esame istologico". L'avvocato, poi, ci tiene a precisare che "noi non accusiamo nessuno. Stefano è uscito di casa in perfette condizioni di salute e non è più tornato. Chiediamo che non ci sia un valzer di spiegazioni frettolose e spesso in contraddizione tra loro e di risparmiare alla famiglia un processo su quello che è stato Stefano". Il prossimo passo sarà la costituzione di un pool di medici esperti in grado di "vagliare criticamente il poco materiale che abbiamo".

E Franco Ionta, capo dell'amministrazione penitenziaria, dice: "C'è un'iniziativa giudiziaria in corso, essendo un magistrato devo quindi essere particolarmente rispettoso di questa iniziativa. Vedremo quale sarà il risultato dell'indagine. Noi naturalmente avvieremo, quando sarà possibile, anche un'inchiesta amministrativa", ha concluso Ionta.

I POLITICI - Anche il mondo della politica farà la sua parte. Così promettono Emma Bonino, Flavia Perina, Renato Farina e Marco Perduca, presenti alla conferenza stampa. "Cose di questo genere- ha detto Perina- succedono nel far west e non in uno Stato di diritto". Secondo Bonino, poi, "è in gioco la credibilità delle istituzioni. Lo Stato deve rispondere all'opinione pubblica". Marco Perduca, infine, annuncia che "come commissione parlamentare sui diritti umani prenderemo in considerazione una missione ispettiva al reparto detentivo del Pertini". Farina, che ha visitato il nosocomio, ha riferito infine di "una struttura peggio del carcere".

 

29 ottobre 2009

 

REPUBBLICA

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2009-11-03

L'informativa del ministro Alfano sulla morte del giovane detenuto

"Le lesioni? Ai medici lui ha parlato di una caduta accidentale"

Alfano: cercheremo i colpevoli

della morte di Stefano Cucchi

Il legale: "Dubito che sia stato lui a non voler informare la famiglia"

Alfano: cercheremo i colpevoli della morte di Stefano Cucchi

Uno striscione apparso domenica scorsa allo stadio di Lecce

ROMA - "Prima di iniziare devo fare una premessa: Stefano Cucchi non doveva morire, si doveva evitare che morisse". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, parlando al Senato nell'ambito dell'informativa del governo sulla morte di Stefano Cucchi, arrestato per possesso di droga e morto pochi giorni dopo per cause ancora misteriose dopo il trasferimento nel reparto detentivo dell'ospedale Pertini. "Ecco perchè - ha aggiunto Alfano - il governo è in prima linea per accettare la verità".

Il ministro ha parlato di un arresto avvenuto senza "concitazione o violenza" ed ha aggiunto che il giovane

"nell'istituto penitenziario è stato visitato per quella che lui ha detto essere stata una caduta accidentale". "Tutte le nostre energie - ha detto il ministro - sono impegnate per accertare chi, anche con atteggiamento omissivo, abbia portato a questo tragico evento. Gli eventuali responsabili saranno chiamati ad assumersi le proprie responsabilità senza sconto alcuno".

Due i filoni di indagine aperti, ha spiegato Alfano: "Una è sulle lesioni su cui andrà appurato se siano state accidentali o provocate, l'altra sulla mancata alimentazione. Per la famiglia Cucchi e per tutti i cittadini dovranno arrivare al più presto gli esiti chiarificatori medico-legali e investigativi".

Fin qui le dichiarazioni di intenti, ma passando all'informativa sui fatti, i punti oscuri sono rimasti. Uno su tutti, quello sulle mancate comunicazioni ai familiari di Cucchi. Alfano ha detto che era stato lo stesso giovane a non autorizzarle: "Si è data applicazione all'accordo previsto dalle Asl secondo cui nessuna informazione può essere data a familiari e parenti senza l'autorizzazione del magistrato - ha detto Alfano - . Questo divieto può essere superato dall'autorizzazione firmata dal detenuto. Da quanto si evince dalla documentazione Stefano Cucchi ha firmato per non autorizzare alla diffusione delle informazioni sulle sue condizioni di salute ai familiari".

Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ha ascoltato dalla tribuna le parole del ministro e su questo punto ha espresso molti dubbi: ''Aspetto di vedere la firma di mio fratello sul diniego a dare informazioni ai familiari sullo stato di salute'', ha detto alla fine. Anche più diretto è stato l'avvocato della famiglia, Fabio Anselmo, parlando ai microfoni di CNRmedia: "E' assurdo pensare che con la schiena rotta, in quelle condizioni, Stefano Cucchi abbia firmato un documento simile, che vietava ai suoi parenti di sapere la verità sulle sue condizioni. Se fosse anche vero, sarebbe stata necessaria una visita psichiatrica nei suoi confronti e i parenti dovevano essere comunque chiamati".

"In ogni caso - ha aggiunto Ilaria Cucchi - anche se così fosse, ciò non solleva i medici da loro responsabilità perché stiamo parlando di una persona che è morta''. Infine, la famiglia querelerà per calunnia i medici del Pertini: "Per le voci false diffuse sul conto di mio fratello e del suo stato di salute - ha detto Ilaria Cucchi - : non era un tossicodipendente, semmai era un ex tossicodipendente che si stava riabilitando".

(3 novembre 2009)

 

 

 

 

La visita di Russo Spena e di due consiglieri regionali al reparto ospedaliero di detenzione

"I medici sono chiaramente in difficoltà. Non sapevano neppure che avesse una famiglia"

"Stefano non è stato alimentato né idratato"

Il mistero degli ultimi suoi giorni al "Pertini"

E la sorella smentisce recisamente che fosse anoressico e sieropositivo

Nominati 5 periti: dovranno chiarire. Forse necessaria la riesumazione della salma

di CARLO PICOZZA

"Stefano non è stato alimentato né idratato" Il mistero degli ultimi suoi giorni al "Pertini"

Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano

ROMA - Non è stato alimentato né idratato. Stefano Cucchi, il 31enne arrestato il 15 ottobre perché in possesso di venti grammi di hashish e due di cocaina e deceduto all'alba di giovedì scorso, non è morto solo per i traumi e le lesioni che hanno devastato il suo corpo e la cui origine non è ancora chiara: "Rifiutava cibo e acqua - secondo il dottor Aldo Fierro responsabile dell'assistenza nel reparto di detenzione del Sandro Pertini -. Noi medici non possiamo obbligare i pazienti a mangiare e a bere" . Lo riferiscono i consiglieri regionali Anna Pizzo (Sl) e Ivano Peduzzi (Rc) e l'ex-parlamentare di Rc, Giovanni Russo Spena, subito dopo la visita nella cella ospedaliera numero 4 dove il giovane ha trascorso le sue ultime ore. E ora, 5 nuovi periti nominati dal pm Barba, dovranno chiarire sul piano clinico il calvario di Stefano Cucchi. Se cartelle cliniche e documentazione non basteranno potranno chiedere la riesumazione della salma.

"Il ragazzo, secondo i sanitari - spiega Russo Spena - avrebbe dichiarato che era caduto. Ma quando i medici hanno insistito per saperne di più, ha risposto, forse intimorito, che, prima di parlare avrebbe voluto sentire il suo legale". Quel legale, Stefano Maranella, che Stefano Cucchi aveva nominato al momento dell'arresto. Una nomina caduta nel vuoto: "Un diritto che gli è stato negato" ha detto la sorella Ilaria. Tanto che, al processo per direttissima del 16 ottobre, Stefano Cucchi è stato assistito da un avvocato d'ufficio.

E dai racconti dei medici raccolti al Pertini da Russo Spena e dai due consiglieri regionali emerge un altro particolare agghiacciante. Nell'ospedale tutti erano convinti che quel giovane moribondo non avesse una famiglia alle spalle. O meglio, riferiscono i tre politici in visita: "I medici raccontano che la polizia penitenziaria non li aveva avvertiti che i famigliari avevano chiesto di visitarlo o, quantomeno, di avere un colloquio con loro sul suo stato di salute". "Non sapevamo che avesse una famiglia" avrebbe riferito il dottor Aldo Fierro.

Gli stessi sanitari sono pienamente consapevoli che così non va bene. Ancora Fierro: "Qui i pazienti-detenuti scontano una doppia pena: quella della reclusione e quella della malattia". Ma, ciò nonostante, la situazione, dal punto di vista ospedaliero non pare tragica. Lo stesso Fierro ha fornito alla delegazione di Russo Spena i dati: dal 2005 i morti sono stati cinque; quattro per tumore. E' la prima volta che un detenuto muore per cause da accertare.

"La nostra impressione - commenta Anna Pizzo - è che quei medici sono in grande difficoltà. Perché l'istituzione carceraria, anche in corsia, la fa da padrona su quella ospedaliera, in altre parole, la pena prevale sull'assistenza". E Ivano Peduzzi aggiunge: "Siamo entrati al Pertini per avere risposta a molti interrogativi. Siamo usciti con più dubbi di prima. Come è possibile, per esempio, che, mentre al Fatebenefratelli, avevano diagnosticato la frattura di due vertebre, qui si sono accorti solo di una?". La sensazione, commentano i tre, è che "la vita non conti niente dietro quel doppio ordine di cancelli. Qui finiscono i diritti, anche quelli ridotti ai minimi che si hanno in carcere. Davvero scontano una pena doppia come dicono, con molto impaccio, però i sanitari".

Stefano Cucchi, insomma, potrebbe essere morto di stenti (fame e sete), e su questo sembrano appuntarsi le indagini dei pm, che si sono sommati ai traumi provocati forse da una caduta (ma nessuno ha detto dove e quando) o, forse, dalle botte (Russo Spena e i due consiglieri regionali ne sono convinti) che qualcuno che lo ha avuto in custodia, gli ha somministrato con ferocia.

Ma ci sono altre cose che vanno persino oltre al diritto negato all'assistenza legale. Lo dice, scandendo le parole con voce ferma, la sorella Ilaria: "Non era anoressico, né sieropositivo. E non è vero che fosse senza fissa dimora, un errore nel quale lo stesso giudice sembra essere incappato nell'udienza che ha fissato il rinvio all'11 novembre presenti carabinieri. Quelli stessi che erano venuti a casa nostra dove Stefano ha la sua camera". Ilaria Cucchi ha anche chiesto "rispetto e silenzio". E ha pregato "di far cessare le autodifese gratuite che si sono sentite in questi giorni per far lavorare la magistratura in modo sereno".

Ma da dove è uscita questa "diagnosi" di anoressia e sieropositività? La sorella ipotizza che il giovane (se l'ha detto davvero) potrebbe aver cercato di descrivere in senso peggiorativo la sua situazione sanitaria, magari per evitare di prenderle ancora. E perché nessuno ha detto che il ragazzo aveva una casa e una famiglia dove poteva essere messo ai domiciliari? Perché Stefano Cucchi è stato "spinto" verso il carcere e il reparto ospedaliero dove ha trovato la morte?

Anche per rispondere a queste domande il pm Vincenzo Barba ha affidato a cinque periti l'incarico di affiancare il collega Dino Tancredi per approfondire le cause e le circostanze della morte di Stefano Cucchi.

© Riproduzione riservata (2 novembre 2009)

 

 

 

 

Intervista a Luigi Manconi, presidente dell'associazione "A buon diritto"

"I fatti sono chiari, indagine semplice a patto che la si voglia risolvere"

"Fatti e testimoni, così è morto Stefano

la soluzione è sotto gli occhi di tutti"

di MATTEO TONELLI

"Fatti e testimoni, così è morto Stefano la soluzione è sotto gli occhi di tutti"

Luigi Manconi

ROMA - "Si tratta di un'indagine che visti i particolari e i testimoni è di facile soluzione, sempre che si voglia risolvere". Luigi Manconi, un passato nella politica e un presente di impegno nel campo dei diritti, in particolare quelli legati al carcere (è presidente dell'associazione "A Buon diritto" e direttore del sito "Innocenti evasioni"), commenta così la morte di Stefano Cucchi, il 31enne morto in carcere dopo l'arresto. Una vicenda che, dopo la pubblicazione delle foto del cadavere martoriato, apre la strada a inquietanti interrogativi. Manconi, che si era occupato anche della vicenda di Federico Aldrovandi, è entrato in contatto con i genitori del ragazzo romano. Contribuendo a far accendere i riflettori sulla vicenda. Così come quelle foto, tremende, che i familiari di Stefano hanno deciso di pubblicare. "Non è stata una scelta facile ma i familiari sono stati in grado di trasformare un dolore privato in una iniziativa pubblica. E' chiaro che quelle foto aggiungono strazio allo strazio, ma l'hanno considerato un dolore ineludibile per arrivare alla verità" dice Manconi.

Partiamo dall'inizio e dall'arresto di Cucchi.

"Si parte con una certezza, all'una di notte del 16 ottobre, i genitori vedono Stefano dopo l'arresto. E il ragazzo, prima di essere portato in caserma dai Carabinieri, sta bene. Da quell'incontro passano 10 ore e madre e padre rivedono il figlio in Tribunale con il volto tumefatto. Inoltre c'è l'avvocato d'ufficio che noterà che Stefano cammina in modo che suscita interrogativi. Le due cose hanno un effetto tale che Stefano viene visitato in Tribunale e il referto conferma le lesioni. Questi sono dati che mi fanno dire che la soluzione del caso è sotto gli occhi di tutti.."

Il ministro della Difesa Ignazio La Russa dice testuale: "Non ho strumenti per accertare. Di una cosa però sono certo: del comportamento corretto dei carabinieri in questa occasione".

"In pratica è un atto di fede. Se non sbaglio rispetto ai carabinieri arrestati per la vicenda Marrazzo usò altri toni. Nessun mette in dubbio l'Arma, semmai i comportamenti di alcuni singoli componenti".

La memoria torna ad altri casi, apparentemente simili, con quello di Federico Aldrovandi. Sono solo casi isolati?

"Non direi. La nuova legislazione antidroga sta portando le forze dell'ordine a forzature, abusi, arresti immotivati, operazioni fuori dalle regole, carcerazioni senza convalida. E di solito a subire sono o i consumatori o i piccoli spacciatori.Gli anelli deboli della catena. Come Stefano".

© Riproduzione riservata (30 ottobre 2009)

 

 

 

 

Dall'arresto alla morte. E al medico disse: sono precipitato dalle scale

Le lesioni alla schiena scoperte nella prima visita, quelle alla testa dopo il decesso

Lividi, fratture e sette chili persi in cella

i misteri degli ultimi giorni di Stefano

di ALBERTO CUSTODERO

Lividi, fratture e sette chili persi in cella i misteri degli ultimi giorni di Stefano

La schiena di Stefano Cucchi

ROMA - "Dottore, ieri sono scivolato e sono caduto dalle scale. È così che mi sono fatto quelle due fratture alla schiena". Stefano Cucchi, visitato al Regina Coeli nel pomeriggio del 16 ottobre, è dolorante, fatica a camminare e ha il volto tumefatto. Le sue condizioni di salute sono precarie, pesa 43 chili, soffre di epilessia. I medici, insospettiti da quelle lesioni, lo portano all'ospedale Fatebenefratelli per una radiografia al cranio e una al torace. La prima risulta negativa, la seconda evidenzia una "frattura del corpo vertebrale L3 e un'altra della vertebra coccigea".

Sta tutto qui, in quella frase di Stefano riportata nella cartella clinica del carcere ("Ieri sono caduto accidentalmente dalle scale"), e in quelle due lastre, il mistero della sua morte. Perché la caduta non è stata né accertata né chiarita da nessuno (sempre che sia stata una caduta). E perché non spiega tutte le altre lesioni riscontrate dopo la morte. Quel giorno Stefano entra in prigione con due fratture nella regione lombare della schiena che comunque gli consentono, a fatica, di camminare. Ma la faccia, seppur gonfia - stando alla radiografia cranica - non risulta fratturata.

Se è così, allora, quando è caduto dalle scale, visto che "il giorno prima", il 15 ottobre, fu fermato dai carabinieri? E come s'è procurato durante la detenzione di soli sette giorni nel corso della quale ha perso sette chili di peso la rottura della mandibola destra che gli verrà riscontrata solo dopo la morte, durante l'autopsia?

Ecco la ricostruzione della tragica storia di Stefano Cucchi dal momento del suo arresto a quello della "presunta morte naturale" (come recita il referto medico legale), avvenuta alle 6,20 del 22 ottobre. Tutto ha inizio alle 23,30 del 15 ottobre, Stefano passeggia nel parco degli Acquedotti col cane e - stando ai carabinieri - in compagnia di un cliente. I militari gli piombano addosso, trovano venti grammi di droga, scatta il fermo. Portano l'uomo in caserma, procedono alla perquisizione personale e dei vestiti.

Quindi, all'una e mezza del 16 ottobre, accompagnano il fermato a casa e, alla presenza dei suoi genitori ("Mamma, tranquilla, tanto non trovano niente"), perquisiscono la sua camera. Ritorna in caserma dove vengono concluse le pratiche, poi, verso le 4, l'uomo entra nella camera di sicurezza della stazione dell'Arma. Ma quasi subito si sente male, lamenta tremori, mal di testa, convulsioni.

Alle 4,30 arriva un'ambulanza del 118 col medico che lo visita per circa mezz'ora, proponendo al "detenuto" il ricovero in ospedale che, però, viene rifiutato. Alle 5 i sanitari se ne vanno e Stefano dice ai militari "voglio continuare a dormire". Stando all'inchiesta amministrativa interna dell'Arma, in questo periodo durante il quale l'uomo è in consegna dai carabinieri, non avviene la "caduta accidentale dalle scale".

Alle 9, la traduzione in Tribunale per il processo per direttissima che si celebra verso mezzogiorno. Quando appare in aula, madre, padre e sorella di Stefano notano "il suo volto molto gonfio, in contrasto impressionante con la magrezza, e lividi assai vistosi attorno agli occhi". Il fermato viene interrogato dal giudice, si difende ammettendo "la detenzione di sostanze stupefacenti in quanto consumatore". Non riferisce né al magistrato, né all'avvocato, né poi al padre che abbraccia per l'ultima volta alle 13,30, di essere stato picchiato durante l'arresto da parte dei carabinieri.

Durante la visita nell'ambulatorio del Tribunale, alle 14, prevista quando il detenuto passa dai carabinieri alla polizia penitenziaria, i sanitari riscontrano "lesioni ecchimodiche in regione palpebrale inferiore bilateralmente". Durante questa visita Stefano riferisce di avere "lesioni alla regione sacrale e agli arti inferiori". Non aggiunge altro. A questo punto è accompagnato dalla Polizia penitenziaria al Regina Coeli dove è sottoposto alla visita d'ingresso che si conclude con le due radiografie al cranio e alla schiena.

Da questo momento in poi i familiari di Stefano non lo vedono più e per loro inizia una drammatica odissea fra Regina Coeli, Fatebenefratelli e reparto detenuti del Pertini. Per cinque giorni i genitori tentano invano di fare visita al figlio, ma ogni contatto, perfino i colloqui con il personale medico e carcerario che l'hanno in custodia, viene loro negato. Si saprà solo dopo che Stefano in carcere aveva chiesto una Bibbia che pare gli sia stata negata.

L'unica notizia ufficiale viene recapitata ai parenti di Stefano solo il 22 ottobre: è la notifica dell'autopsia di Stefano, e l'invito a nominare i propri consulenti. Madre e padre dell'uomo si precipitano al Pertini per avere notizie sulle cause del decesso, ma il sovrintendente sanitario e il medico di turno non sanno dare spiegazioni: "Non abbiamo avuto modo di vederlo in viso - riferiscono i due sanitari -il detenuto in cella si teneva costantemente il lenzuolo sulla faccia".

© Riproduzione riservata (31 ottobre 2009)

 

 

 

 

Sull'onda del clamore si torna a parlare di altre due vicende analoghe

Marcello Lonzi, 29 anni, morto in cella nel 2003, e Aldo Bianzino, 44, morto nel 2007

Morti in carcere, dopo Stefano Cucchi

riaffiorano i casi ancora impuniti

Morti in carcere, dopo Stefano Cucchi riaffiorano i casi ancora impuniti

Aldo Bianzino

ROMA - La vicenda di Stefano Cucchi, il trentenne romano arrestato per droga e deceduto una settimana dopo in circostanze non ancora chiarite, ha fatto affiorare altri casi analoghi di morti in carcere di cui non si è ancora venuto a capo. Sull'onda del clamore, provocato in particolare dalle immagini diffuse dalla famiglia di Stefano, ora la madre di Marcello Lonzi, 29 anni, morto nel penitenziario delle Sughere nel 2003, ha scritto una lettera al ministro della Giustizia, Angelo Alfano, come riporta il Tirreno, in cui lo invita a guardare le foto del cadavere di suo figlio e di darle finalmente quelle risposte che attende da sei anni.

Maria Ciuffi ha scritto il ministro - che proprio domani riferirà in Senato sulla misteriosa morte di Cucchi - perché ritiene che la morte di suo figlio sia rimasta impunita. La donna è infatti convinta che il giovane non morì per cause naturali, come stabilito da una prima indagine della procura di Livorno, ma in seguito a un pestaggio avvenuto in cella. La procura ha aperto una nuova indagine nella quale risultano indagati un detenuto e tre agenti della polizia penitenziaria con l'accusa di omicidio colposo.

"Mi spiega - scrive Maria Ciuffi ad Alfano - perché ci sono voluti sei maledetti anni per capire che era stato ucciso? Le foto di mio figlio sono così crude che io come mamma non dovrei neppure guardarle, ma se sono arrivata sin qui è solo grazie alla mia volontà di lottare e non grazie ai politici, è grazie alla stampa che, vedendo le foto, mi ha teso una mano, cosa che avrebbe dovuto fare il ministro della Giustizia e non la gente comune. La invito pertanto a guardarle su internet. E non parlo solo per me, ma per tutte quelle madri che non hanno avuto lo stesso trattamento riservato al caso Cucchi".

Anche la puntata delle Iene Show in onda domani sera su Italia 1 affronta un caso analogo, quello di Aldo Bianzino, un falegname di 44 anni morto il 14 ottobre 2007 in circostanze ancora sconosciute (citato anche nella lettera della madre di Marcello Lonzi). Nel suo servizio Mauro Casciari spiega che due giorni prima del decesso, Aldo e la compagna Roberta, residenti a Capanne - nell'Appennino umbro marchigiano - vengono arrestati e portati presso il carcere di Capanne perché, in seguito a una perquisizione, vengono trovate nella loro tenuta alcune piante di marijuana. La mattina del 14 ottobre Roberta viene scarcerata e solo in quel momento apprende della morte del marito.

Tuttora non si sa niente sulle cause del decesso, quel che è certo è che al momento dell'ingresso in carcere il certificato medico dimostra che entrambi godevano di perfette condizioni di salute. Il medico legale nominato dalla famiglia assiste alla prima autopsia dichiarando che il corpo dell'uomo presentava lesioni al fegato, alla milza, al cervello e due costole rotte. Dell'argomento si era già interessato Michele Pietrelli, un collaboratore attivo sul blog di Beppe Grillo il quale aveva raccolto la testimonianza della moglie della vittima, scomparsa quest'anno, di cui le Iene mostrano il filmato. Un servizio di denuncia ma non solo; la coppia aveva un figlio che ora ha 16 anni e che, dopo la morte della madre, vive con lo zio, tornato dalla Germania apposta per accudire il nipote e che, per questo, ha perso il suo posto di lavoro.

(2 novembre 2009)

 

 

 

Il calvario

di Stefano

di ADRIANO SOFRI

PRIMA di tutto riguardiamo le fotografie di Stefano Cucchi. Quelle di un giovane magro, un geometra, che ha avuto a che fare con la droga e sa che gli potrà succedere ancora, e intanto vive, sorride, lavora, abbraccia sua madre, scherza con sua sorella. I giornali in genere hanno preferito pubblicare queste. E quelle di un morto, scheletrito, tumefatto, infranto, il viso che eclissa quello del grido di Munch e delle mummie che lo ispirarono, il corpo di una settimana di Passione dell'ottobre 2009. La famiglia di Stefano ha deciso di diffondere quelle fotografie.

Nessuno è tenuto a guardarle. Ma nessuno è autorizzato a parlare di questa morte, senza guardarle.

Per una volta, sembra che tutti (quasi) ne provino orrore e sdegno, e vogliano la verità e la punizione. È consolante che sia così. Ma è difficile rassegnarsi alle frasi generiche, anche le più belle e sentite. C'è un andamento provato delle cose, e le parole devono almeno partire da lì. Certo, le parole possono osare l'inosabile. Possono, l'hanno fatto perfino questa volta, dire e ripetere che Stefano Cucchi "è caduto dalle scale".

Non è nemmeno una provocazione, sapete: è una battuta proverbiale. Se incontrate uno gonfio di botte in galera, lo salutate così: "Sei caduto dalle scale". Hanno un gran senso dell'humour, in galera. Lo si può anche mettere per iscritto e firmare. Sembra che anche Stefano l'abbia messo a verbale presso il medico del carcere: "Sono caduto dalle scale". È un modo per evitare di cadere di nuovo dalle scale. Il meritorio dossier Morire in carcere curato da "Ristretti orizzonti" certifica che le morti per "cause da accertare" sono più numerose di quelle per "malattia".

Tuttavia bisogna guardarsi dall'assegnare senz'altro il calvario di Stefano al capitolo carcerario. Per due ragioni, già documentate a sufficienza. La prima: che fra la persona integra arrestata col suo piccolo gruzzolo di sostanze proibite e la persona cui vengono certificate nell'ambulatorio del tribunale "lesioni ecchimodiche in regione palpebrale inferiore bilateralmente", e che lamenta "lesioni alla regione sacrale e agli arti inferiori" (i medici del carcere le preciseranno come "ecchimosi sacrale coccigea, tumefazione del volto bilaterale orbitaria, algia della deambulazione", e quelli dell'ospedale come "frattura del corpo vertebrale L3 dell'emisoma sinistra e frattura della vertebra coccigea") fra quelle due condizioni c'è stata solo una notte trascorsa in una caserma di carabinieri.

Il ministro della Difesa - un avvocato penalista - pur declinando ogni competenza nel caso, ha creduto ieri di dichiarare: "Di una cosa sono certo: del comportamento assolutamente corretto da parte dei carabinieri in questa occasione". Non so come abbia fatto. So che qualcuno vorrà ammonirmi: "Ci risiamo". Infatti: ci risiamo. I medici e la polizia penitenziaria che dichiarano che Stefano "è arrivato in carcere così" hanno dalla loro una sequenza temporale interamente vidimata.

Questa era la prima ragione. La seconda è che nell'agonia di Stefano - di questo si è trattato, questo sono stati i suoi ultimi sette giorni - sono intervenute tante di quelle autorità costituite da far rabbrividire. Carabinieri, dall'arresto fino al trasporto al processo e alla consegna al carcere. Magistrati, uno dell'accusa e uno giudicante, che in un processo per direttissima per un reato irrisorio e con un giovane imputato così palesemente malmesso da suggerire la visita medica nei locali stessi del tribunale, rinviano l'udienza al 13 novembre e lo rimandano in carcere ammanettato.

Agenti di polizia penitenziaria, che piantonano così rigorosamente il pericoloso detenuto nell'(orrendo) reparto carcerario dell'ospedale intitolato a quel gran detenuto che fu Sandro Pertini, al punto di impedire ai famigliari del giovane di chiederne una qualche notizia ai medici, facendo intendere che occorra un'autorizzazione del magistrato: espediente indecente, perché per parlare col personale sanitario non occorre l'autorizzazione di nessuno. (Sono stato moribondo e piantonato in un ospedale, e nessuno si sognò di dire ai miei che non potevano interpellare i medici: e vale per chiunque). Espediente, oltretutto, che costringe a chiedersi quale movente lo ispirasse.

Una sovrintendente e, a suo dire, un medico di turno, che, anche ammesso che non abbiano saputo delle visite ripetute e trepidanti dei famigliari, hanno dichiarato di non aver notato i segni delle lesioni sul volto di Stefano, "in quanto si teneva costantemente il lenzuolo sulla faccia"! Frase che insegue l'altra sulla caduta dalle scale: un detenuto malconcio al punto di essere tradotto in ospedale non viene visto da chi lo sorveglia e da chi lo cura perché si tiene il lenzuolo sulla faccia.

Non hanno visto "il volto devastato, quasi completamente tumefatto, l'occhio destro rientrato a fondo nell'orbita, l'arcata sopraccigliare sinistra gonfia in modo abnorme, la mascella destra con un solco verticale, a segnalare una frattura, la dentatura rovinata"... Non era un lenzuolo: era l'anticipazione di un sudario. Questo non ha impedito a un medico di turno di stilare un certificato in cui si legge che Stefano è morto "di presunta morte naturale".

Infine, c'è l'autopsia eseguita sul cadavere straziato, nel corso della quale si proibisce al consulente di parte di eseguire delle foto. (Quelle che guardiamo oggi, chi ne ha la forza, sono state prese per la famiglia dal personale delle pompe funebri). È stata, la settimana di agonia di Stefano, una breve marcia attraverso le istituzioni. Questo sono infatti, al dunque, le istituzioni: persone che per conto di tutti si trovano a turno ad avere in balia dei loro simili: persone delle forze dell'ordine, giudici, medici, e anche politici e giornalisti...

Tutti (quasi) chiedono giustizia e verità. Bene. Un pubblico ministero ha già imputato di omicidio preterintenzionale degli ignoti, ieri. I colpevoli non sono certo noti, e non lo saranno fino a prova provata: ma gli imputati sono noti. Quanto al preterintenzionale, è un segno di garantismo notevole, venendo da una magistratura che quando l'aria tira imputa di omicidio volontario lo sciagurato che abbia travolto qualcuno con l'automobile.

© Riproduzione riservata (31 ottobre 2009) Tutti gli articoli di cronaca

 

 

 

 

2009-10-29

Denuncia del garante sul caso Cucchi

Manconi: "Lesioni e traumi sul corpo"

Due prese di posizione e una denuncia sulle circostanze che hanno portato alla morte di Stefano Cucchi, 31 anni, arrestato per possesso di droga e poi morto all'ospedale Pertini. Il garante dei diritti dei detenuti Marroni annuncia una denuncia alla Procura, l'ex sottosgeretario Luigi Manconi parla di "lesioni e traumi"

Lingresso dellOspedale Sandro Pertini

L'ingresso dell'Ospedale Sandro Pertini

Ad una svolta la vicenda del 31enne romano Stefano Cucchi, morto il 22 ottobre nella struttura sanitaria protetta dell'Ospedale "Sandro Pertini dopo un arresto per droga. "Auspico che le indagini avviate dalla Procura della Repubblica, di cui ha parlato il ministro della Giustizia, contribuiscano a fare piena luce sulla morte di Stefano Cucchi, una vicenda che presenta lati oscuri non ancora del tutto chiariti che meritano un approfondimento". E' questo il commento del garante dei diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni dopo aver ascoltato la riposta del ministro della Giustizia Angelino Alfano all'interrogazione presentata dai parlamentari Bernardini e Giachetti. Sul caso, il garante dei detenuti ha preannunciato anche l'invio di un suo esposto alla Procura della Repubblica di Roma.

Nel suo esposto alla Procura il Garante ripercorre, per sommi capi, la vicenda del giovane Cucchi, arrestato nella notte tra il 15 e 16 ottobre per possesso di una modesta quantità di stupefacente e morto una settimana dopo. Dalle verifiche condotte dall'Ufficio del Garante presso le autorità sanitarie e quelle penitenziarie risulterebbero, in particolare, due punti definiti "importanti": il pomeriggio precedente alla morte, i medici dell'ospedale Pertini avrebbero avvisato con una relazione allegata alla cartella clinica, il magistrato delle difficoltà a gestire le condizioni del paziente, che avrebbe tenuto un atteggiamento di rifiuto verso i trattamenti terapeutici. Inoltre, il personale sanitario non sarebbe mai venuto a conoscenza, se non dopo la morte, della richiesta di colloquio dei familiari, per altro ritenuto dai medici fondamentale in ogni caso. "Ora - ha concluso Marroni - attendiamo l'esito degli esami autoptici per comprendere cosa è esattamente successo a questo ragazzo. Al di là tutto, io credo che aver impedito ai genitori di vedere il figlio per giorni è un fatto di una gravità estrema, così come è grave, se vera, la circostanza riferita dai parlamentari secondo cui al perito della famiglia sarebbe stato impedito di assistere all'autopsia".

 

Sul caso interviene anche Luigi Manconi, già sottosegretario alla Giustizia, presidente dell'associazione A Buon Diritto, annunciando una conferenza stampa con Ilaria Cucchi, sorella di Stefano e con l'avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia. "Ho avuto modo di vedere le foto della salma di Cucchi. E' difficile trovare le parole per dire lo strazio di quel corpo, che rivela una agonia sofferta e tormentata". "E' inconfutabile - aggiunge - che il corpo di Stefano Cucchi, gracile e minuto, abbia subito a partire dalla notte tra il 15 e 16 ottobre numerose e gravi offese e abbia riportato lesioni e traumi. E' inconfutabile che Stefano Cucchi, come testimoniato dai genitori, è stato fermato dai carabinieri quando il suo stato di salute era assolutamente normale ma già dopo quattordici ore e mezza il medico dell'ambulatorio del palazzo di Giustizia e successivamente quello del carcere di Regina Coeli riscontravano lesioni ed ecchimosi nella regione palpebrale bilaterale; e, la visita presso il Fatebenefratelli di quello stesso tardo pomeriggio evidenziava la rottura di alcune vertebre indicando una prognosi di 25 giorni.

E' inconfutabile - dice ancora Manconi - che, una volta giunto nel reparto detenuti dell'ospedale Pertini, Stefano Cucchi non abbia ricevuto assistenza e cure adeguate e tantomeno quella sollecitudine che avrebbe imposto, anche solo sotto il profilo deontologico, di avvertire i familiari e di tenerli al corrente dello stato di salute del giovane: al punto che non è stato nemmeno possibile per i parenti incontrare i sanitari o ricevere informazioni da loro. Ed è ancora inconfutabile che l'esame autoptico abbia rivelato la presenza di sangue nello stomaco e nell'uretra.

E' inconfutabile, infine - aggiunge - che un cittadino, fermato per un reato di entità non grave, entrato con le proprie gambe in una caserma dei carabinieri e passato attraverso quattro diverse strutture statuali (la camera di sicurezza, il tribunale, il carcere, il reparto detentivo di un ospedale) ne sia uscito cadavere, senza che una sola delle moltissime circostanze oscure o controverse di questo percorso che lo ha portato alla morte sia stata ancora chiarita".

(28 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

Caso Cucchi, foto choc

I parenti: "Vogliamo la verità"

La verità sulla morte di Stefano Cucchi. La implorano i familiari del trentunenne arrestato per possesso di droga e poi deceduto all'ospedale Pertini. Il padre e la sorella hanno distribuito le immagini del corpo di Stefano scattate dopo l'autopsia

Verità su Stefano Cucchi. E in tempi rapidi. La invocano la famiglia, i legali e la politica. Tutti insieme hanno convocato una conferenza stampa in senato per chiedere di fare luce sulla morte del 31enne romano, fermato giovedì 16 ottobre nel parco degli Acquedotti perché in possesso di venti grammi di sostanze stupefacenti, e morto nel reparto detentivo dell'ospedale sandro pertini giovedì 22, dopo essere passato per il tribunale, il Regina Coeli e il Fatebenefratelli. Otto interminabili giorni durante i quali la famiglia ha tentato invano di vedere il loro caro e di parlare con i medici che lo avevano in cura.

Per sollecitare l'opinione pubblica, il padre Giovanni e la sorella Ilaria hanno distribuito le foto del corpo di Stefano scattate dall'agenzia funebre dopo l'autopsia. Immagini "drammaticamente eloquenti", come le ha definite luigi manconi, presidente dell'associazione 'a buon diritto' e promotore dell'iniziativa: "Da sole dicono quanti traumi abbia patito quel corpo- aggiunge- e danno una rappresentanza tragicamente efficace del calvario di stefano. La famiglia ha pensato molto se distribuirle, perchè oltre ad essere scioccanti fanno parte della sfera intima".

Si vede così un corpo estremamente esile (dai 43 chili del fermo è passato ai 37), con il volto devastato, l'occhio destro rientrato nell'orbita, l'arcata sopraccigliare sinistra gonfia e la mascella destra con un solco verticale, segno di una frattura.

Al momento è stata aperta un'inchiesta D'ufficio. Il legale della famiglia, Fabio Anselmo, spiega che "l'atto di morte è stato acquisito dal pm, per cui non abbiamo in mano nulla se non queste foto e un appunto del nostro medico legale". Dal quale si evince che "sul corpo non sono stati riscontrati traumi lesivi che possano aver causato la morte, ma escoriazioni, ecchimosi e presenza di sangue nella vescica. Aspettiamo gli esiti dell'esame istologico".

 

L'avvocato, poi, ci tiene a precisare che "noi non accusiamo nessuno. Stefano è uscito di casa in perfette condizioni di salute e non è più tornato. Chiediamo che non ci sia un valzer di spiegazioni frettolose e spesso in contraddizione tra loro e di risparmiare alla famiglia un processo su quello che è stato stefano". Il prossimo passo sarà la costituzione di un pool di medici esperti in grado di "vagliare criticamente il poco materiale che abbiamo".

Anche il mondo della politica farà la sua parte. Così promettono Emma Bonino, Flavia Perina, Renato Farina e Marco Perduca, presenti oggi alla conferenza stampa. "Cose di questo genere- ha detto perina- succedono nel far west e non in uno stato di diritto". Secondo Bonino, poi, "è in gioco la credibilità delle istituzioni. Lo stato deve rispondere all'opinione pubblica". Marco Perduca, infine, annuncia che "come commissione parlamentare sui diritti umani prenderemo in considerazione una missione ispettiva al reparto detentivo del pertini". Farina, che ha visitato il nosocomio, ha riferito infine di "una struttura peggio del carcere".

 

Sula vicenda interviene anche Bil parlamentare eppe Giulietti, portavoce di Articolo 21. "Vorremmo - afferma Giulietti che la tv ci raccontasse anche le storie di Aldo Bianzino e Stefano Cucchi, morti 'stranamente' dopo essere stati incarcerati". "La tv italiana - aggiunge - ha dato ore e ore di attenzione a delitti quali Cogne a Garlasco. Chiediamo se è possibile ipotizzare una serata televisiva dedicata al delicatissimo caso e alla drammatica vicenda di Stefano Cucchi arrestato pare per modesto possesso di droga il 16 ottobre scorso e morto all'ospedale Sandro Pertini di Roma. Al momento dell'arresto da parte dei carabinieri, secondo quanto riferito dai familiari, stava bene, camminava sulle sue gambe. Un giovane che poi viene consegnato morto ai genitori e pieno di lividi. Cosa è successo?".

"Lo Stato - sottolinea Giulietti - non può avere paura di indagare su se stesso e una vicenda simile non può essere cancellata. Lo Stato non può non occuparsene. Lo diciamo senza alcuni spirito polemico. Su questi temi all'interrogazione già presentata da Rita Bernardini ne seguirà una di Articolo 21 presentata alla Camera dai parlamentari Giulietti e Touadi".

(29 ottobre 2009)

L'UNITA'

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.unita.it

2009-11-03

Caso Cucchi, Alfano: "Non doveva morire"

"Stefano Cucchi non doveva morire, si doveva evitare che morisse" e il governo è "in prima linea per accertare la verità". Lo dice il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, riferendo in aula al Senato.

Il giovane detenuto morto in circostanze ancora da chiarire "ha manifestato ai sanitari la volontà di non rilasciare notizie sul suo stato di salute ai genitori", ha detto Alfan. "In base alle notizie che mi sono state comunicate all'amministrazione penitenziaria i familiari di Cucchi per due volte si sono recati presso la struttura penitenziaria dell'ospedale Sandro Pertini" per parlare con il giovane. Ma in entrambe le occasioni, "è stata rappresentata loro la necessità di munirsi di permesso di colloquio".

L'arresto del giovane è avvenuto "senza concitazioni e violenze", aggiunge il ministro. .Sul caso Cucchiaccerteremo le responsabilità "senza fare sconti". Il Guardasigilli ha assicurato che sarà accertato "chi, con atteggiamento omissivo, ha portato al tragico evento. ai familiari e ai cittadini daremo ogni dettaglio di verita".

03 novembre 2009

 

 

 

 

 

2009-10-2

Ragazzo morto dopo l'arresto: "Vogliamo la verità"

Serve verità sulla morte di Stefano Cucchi, il giovane di 31 anni fermato il 15 ottobre scorso per droga al Parco degli acquedotti di Roma e morto all'ospedale Sandro Pertini il 22 dopo essere passato per gli ambulatori del Tribunale, del carcere di Regina Coeli e dell'ospedale Fatebenefratelli senza avere mai la possibilità di essere visitato dai parenti.

A chiederlo i familiari dell'uomo, che stamattina hanno presentato il caso in una conferenza stampa, organizzata al Senato dal presidente di 'A buon diritto' e commentatore de l'Unità, Luigi Manconi, a cui hanno partecipato anche l'avvocato dei Cucchi Fabio Anselmo e alcuni parlamentari, tra i quali Emma Bonino, Rita Bernardini, Felice Casson e Renato Farina. Ai presenti sono state distribuite anche le foto del corpo, immagini "drammaticamente eloquenti - ha spiegato Manconi - che danno l'idea del calvario passato da questo corpo". Che agli occhi dei genitori si è presentato, secondo la ricostruzione, con il volto tumefatto, un occhio rientrato, la mascella fratturata e la dentatura rovinata.

"L'atto di morte è stato acquisito dal pm - ha spiegato il legale - per cui non abbiamo in mano nulla, se non le foto scattate dall'agenzia funebre e un appunto del medico legale. Non sono stati riscontrati traumi lesivi, a quanto appare, che possono averne causato la morte. Si parla di ecchimosi ed escoriazioni e sangue nella vescica, per cui è difficile sapere quando e soprattutto come è morto". Stefano, a quanto conferma il legale, soffriva di epilessia.

29 ottobre 2009

il SOLE 24 ORE

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.ilsole24ore.com

2009-11-03

Alfano: "Stefano Cucchi non doveva morire"

3 novembre 2009

Alfano: "Sul caso Cucchi il Governo vuole la verità"

L'avvocato di Stefano Cucchi: negati documenti per la difesa

I Nas al Pertini a prendere la cartella clinica

Gli infermieri del 118: non si è fatto visitare

Il padre: all'obitorio era irriconoscibile

È polemica per la morte sospetta del giovane romano Stefano Cucchi

Carceri italiani: da gennaio a oggi 146 morti, 59 suicidi

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"Dai nostri archivi"

Alfano: "Sul caso Cucchi il Governo vuole scoprire la verità"

L'avvocato di Stefano Cucchi: negati documenti per la difesa

Il padre di Stefano Cucchi: all'obitorio era irriconoscibile

È polemica per la morte sospetta del giovane romano Stefano Cucchi

Caso Cucchi, gli infermieri del 118: non si è fatto visitare

 

"Prima di iniziare devo fare una premessa: Stefano Cucchi non doveva morire, si doveva evitare che morisse". Lo ha detto il ministro della Giustizia Angelino Alfano parlando in Aula al Senato nel corso dell'informativa del governo sulla morte di Stefano Cucchi. "Ecco perchè - ha aggiunto - il governo è in prima linea per accertare la verità". Il Guardasigilli ha sottolineato come uno "Stato democratico assicura alla giustizia e può privare della libertá chi delinque, ma nessuno può essere privato del diritto alla salute".

L'arresto di Stefano Cucchi, ha detto il ministro, é avvenuto "senza concitazioni e violenze". Il Guardasigilli ha ricostruito in aula al Senato la vicenda di Stefano Cucchi, il giovane detenuto di 31 anni, morto nel reparto dell'Ospedale Pertini di Roma dopo una settimana di detenzione. Dal momento dell'arresto, al processo per direttissima, alle visite mediche alle quali è stato sottoposto, ai vari trasferimenti nei nosocomi romani, fino alla morte all'alba del 22 ottobre.

Il paziente al Pertini è giunto in reparto in barella e con l'indicazione di non stare in posizione eretta. Accusava lesioni riportate, riferisce il ministro, in seguito a una caduta avvenuta il giorno precedente al suo compleanno. "Tutte le nostre energie - ha detto Alfano - sono impegnate per accertare chi, anche con atteggiamento omissivo, abbia portato a questo tragico evento".

Davanti al Senato è stata organizzata un sit-in di "vigilanza e sensibilizzazione democratica", in occasione dell'intervento del ministro della Giustizia Alfano in aula a Palazzo Madama, organizzata dalla Fgci, l'organizzazione giovanile del Pdci, e dai Giovani comunisti del Prc. "Sulla morte di Stefano - sottolinea una dichiarazione congiunta - non accetteremo depistaggi, omissioni, reticenze e oblii da parte di nessuno. Vogliamo verità e giustizia".

3 novembre 2009

 

 

 

Carceri italiane: da gennaio a oggi 146 morti, 59 suicidi

30 ottobre 2009

"Dai nostri archivi"

Misure alternative all'attesa infinita del piano carceri

Viaggio in un carcere israeliano. Dove cova l'odio palestinese

Emergenza carceri: in arrivo quasi 18mila nuovi posti dietro le sbarre

Certezza della pena e nuove carceri, il binomio della sicurezza secondo Fini

Alfano: "In arrivo un piano contro il sovraffollamento delle carceri"

Da gennaio al 30 ottobre nelle carceri italiane sono morti 146 detenuti, di cui 59 per suicidio. Secondo i dati del centro studi di "Ristretti Orizzonti" i suicidi riguardano prevalentemente i detenuti più giovani: i 10 "morti di carcere" più giovani del 2009 sono tutti suicidi e due di loro avevano solo 19 anni. Le morti per "cause da accertare" sono più numerose di quelle per "malattia".

I dati complessivi del 2009 denunciano un aumento di ben 20 suicidi rispetto ai primi 10 mesi del 2008, mentre il totale delle morti "di carcere" hanno già superato il totale dello scorso anno: 146 contro 142. In 10 anni, secondo i dati di Ristretti Orizzonti, nelle carceri italiane sono morti più di 1.500 detenuti, oltre un terzo dei quali per suicidio: i suicidi sono stati, nell'arco di 10 anni, 543 a fronte di 1.529 morti in totale.

30 ottobre 2009

 

 

 

 

 

Alfano: "Sul caso Cucchi il Governo vuole scoprire la verità"

2 novembre 2009

"Dai nostri archivi"

Alfano: "Stefano Cucchi non doveva morire"

L'avvocato di Stefano Cucchi: negati documenti per la difesa

Caso Cucchi, gli infermieri del 118: non si è fatto visitare

Il padre di Stefano Cucchi: all'obitorio era irriconoscibile

La morte di Cucchi. Il dovere di chiarire

 

"Il governo vuole scoprire la verità e

sapere cosa sia successo". Il Guardasigilli Angelino Alfano, torna a parlare a Mattino Cinque della morte di Stefano Cucchi, il giovane di 31 anni deceduto nel reparto penitenziario dell'Ospedale Pertini di Roma dopo alcuni giorni di reclusione nel carcere di Regina Coeli.

Il ministro della Giustizia ha ribadito l'importanza di fare chiarezza al più presto, ha chiamato il procuratore della Repubblica di Roma per dare "pieno sostegno alle indagini e per raccomandare solerzia", ha sottolineato che "le nostre devono rimanere carceri di una grande democrazia liberale per cui non può essere ammesso nulla di quanto si sospetta".

Sul fronte dell'inchiesta avviata all'interno del carcere di Regina Coeli, alfano ha specificato che si tratta di un "percorso amministrativo che non può coinvolgere altri corpi dello Stato per ragioni di competenza, e dunque può riguardare solo la struttura penitenziaria".

Il Guadrasigilli riferirà in Senato domani, martedì 3 novembre, alle 12.45 sul caso Cucchi, nel corso di una informativa in Aula, ricostruendo le circostanze che hanno portato al decesso del giovane.

2 novembre 2009

 

 

L'avvocato di Stefano Cucchi: negati documenti per la difesa

di Nicoletta Cottone

31 ottobre 2009

Una foto recente di Stefano Cucchi (Ansa)

"Dai nostri archivi"

Il padre di Stefano Cucchi: all'obitorio era irriconoscibile

Caso Cucchi, gli infermieri del 118: non si è fatto visitare

È polemica per la morte sospetta del giovane romano Stefano Cucchi

La morte di Cucchi. Il dovere di chiarire

Alfano: "Sul caso Cucchi il Governo vuole scoprire la verità"

 

Un corpo scheletrico martoriato, il viso tumefatto, l'arcata sopraccigliare rossa e gonfia in modo abnorme, un occhio rientrato, la mascella fratturata, la dentatura rovinata. Sono impressionanti le foto scattate al cadavere di Stefano Cucchi, il detenuto del carcere di Regina Coeli, morto a 31 anni nel reparto per carcerati dell'Ospedale Pertini di Roma. Scatti post autopsia, effettuati dall'agenzia funebre, pubblicati per espressa volontà della famiglia per ottenere verità. Per capire quando e come è morto il ragazzo. Arrestato il 15 ottobre per droga in un parco romano, processato per direttissima il 16 ottobre a piazzale Clodio per spaccio, spedito a Regina Coeli per i suoi precedenti e morto il 22 ottobre nel reparto destinato ai detenuti dell'Ospedale Pertini. Sulla vicenda il ministro della Giustizia Angelino Alfano riferità martedì al Senato.

Il pubblico ministero Vincenzo Barba ipotizza il reato di omicidio preterintenzionale contro ignoti. La famiglia ha nominato come legale, l'avvocato Fabio Anselmo, che già in passato si è occupato di casi analoghi (da Riccardo Rasman a Federico Aldrovandi). Luigi Manconi, docente universitario ed ex Garante dei diritti dei carcerati a Roma, si occupa del caso in quanto presidente dell'associazione "A buon diritto", che per primo ha denunciato la vicenda Cucchi.

"Il problema – spiega l'avvocato Fabio Anselmo al Sole 24 Ore - è che per ora prendiamo atto di uno spettacolo disarmante. Attualmente non siamo in condizioni di poter esercitare i nostri diritti di difesa, prendendo atto e conoscenza delle cartelle cliniche e del materiale fotografico scattato durante l'autopsia. Ci vengono negati documenti per l'esercizio della difesa, che vengono esibiti ai telegiornali, in netta violazione dell'articolo 326 del Codice penale. Siamo disorientati".

Sempre dai giornali, l'avvocato ha appreso che il pm avrebbe avuto la segnalazione dall'ospedale

Pertini che Stefano Cucchi rifiutava l'alimentazione. "Situazione che ci rende ancora più perplessi, perché se è vero vuol dire che un ragazzo in difficoltà, con molti traumi, due vertebre fratturate, non è stato aiutato adducendo la giustificazione che non voleva. In questo caso ci sarebbe una responsabilità per omicidio preterintenzionale".

La famiglia, racconta il legale "ha appreso della morte di Stefano dalla notifica di un avviso di conferimento di incarico per autopsia, quando già l'incarico era stato conferito. E si tratta di un momento nel quale si possono fare osservazioni sul quesito e nominare propri consulenti".

Per Luigi Manconi la morte di Stefano Cucchi presenta "molti lati oscuri e preoccupanti". Al giudice il compito di fare luce.

31 ottobre 2009

 

 

 

 

Caso Cucchi: i Nas al Pertini a prendere la cartella clinica

31 ottobre 2009

"Dai nostri archivi"

Caso Cucchi, gli infermieri del 118: non si è fatto visitare

Marino: "L'Italia non è pronta a far fronte all'emergenza"

È polemica per la morte sospetta del giovane romano Stefano Cucchi

L'avvocato di Stefano Cucchi: negati documenti per la difesa

Dodici arresti per assenteismo all'ospedale di Perugia

Il presidente della commissione parlamentare sul Ssn Ignazio Marino ha chiesto ai Nas di raccogliere tutta la documentazione disponibile nel reparto destinato al ricovero dei detenuti

 

Il presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, Ignazio Marino, ha inviato i carabinieri del Nas al reparto destinato al ricovero dei detenuti dell'ospedale Pertini, dove è morto il detenuto Stefano Cucchi, per raccogliere tutta la documentazione disponibile presso il reparto stesso.

"La documentazione - ha sottolineato Marino - sarà messa a disposizione dell'ufficio di presidenza della commissione d'inchiesta per una prima istruttoria e mi auguro che dall'analisi del lavoro effettuato dai medici al momento del ricovero di stefano cucchi possano emergere elementi che aiutino a fare chiarezza su cosa sia realmente accaduto. Nei prossimi giorni la commissione deciderà anche se aprire formalmente un'inchiesta sulla vicenda dal punto di vista dell'efficienza, dell'efficacia e della qualità dell'assistenza medica.

Marino ha sottolineato che "si tratta di una tragedia che lascia sgomenti e anche per questo serve il massimo rigore nell'appurare la verità e tutte le eventuali responsabilità".

31 ottobre 2009

 

 

 

 

Caso Cucchi, gli infermieri del 118: non si è fatto visitare

31 ottobre 2009

"Dai nostri archivi"

Il padre di Stefano Cucchi: all'obitorio era irriconoscibile

La morte di Cucchi. Il dovere di chiarire

È polemica per la morte sospetta del giovane romano Stefano Cucchi

L'avvocato di Stefano Cucchi: negati documenti per la difesa

Alfano: "Sul caso Cucchi il Governo vuole scoprire la verità"

 

Il pubblico ministero Vincenzo Barba, nell'ambito degli accertamenti per fare luce sulla morte del detenuto Stefano Cucchi, ha oggi sentito l'equipaggio del 118. L'ambulanza era stata chiamata la notte del 15 ottobre scorso dai carabinieri della stazione Tor Sapienza in seguito a un malore accusato da Stefano Cucchi. Il giovane, 31 anni, aveva passato la prima notte dopo il fermo per droga avvenuto in un parco della Capitale.

A piazzale Clodio sono comparsi l'autista del mezzo, un infermiere e un barelliere. I tre avrebbero riferito al magistrato di aver visto Cucchi, di averci anche parlato, ma di non averlo potuto nè visitare nè trasportare in ospedale a seguito del suo rifiuto. L'audizione dei tre testimoni ha fatto seguito a quelle dei carabinieri che si sono occupati del giovane subito dopo il

suo fermo per detenzione di sostanze stupefacenti e degli agenti di polizia penitenziaria ai quali il detenuto era stato consegnato dopo la convalida del suo fermo fatta in tribunale.

Per la morte di Cucchi, avvenuta la mattina del 22 ottobre nel reparto penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini, il magistrato procede, per il momento contro ignoti, per omicidio preterintenzionale. Il pm proseguirà nei prossimi giorni la raccolta delle testimonianze per ricostruire la dinamica dei fatti. Lunedì, tra l'altro, sono in programma anche quelle dei genitori di Cucchi e della sorella Ilaria. Il magistrato dovrebbe sentire anche Giorgio Rocca, l'avvocato d'ufficio che ha assistito Cucchi nell'udienza di convalida del suo fermo il 16 ottobre. L'avvocato Rocca era subentrato al collega di turno che non poteva essere in aula. È anche probabile che il pm voglia ascoltare le testimonianze degli altri detenuti comparsi, sempre il 16 ottobre, davanti al giudice per la convalida dei loro fermi, che si sarebbero intrattenuti, al termine delle udienze, con Cucchi nelle celle di sicurezza del tribunale di Roma in attesa del trasferimento di tutti a Regina Coeli.

31 ottobre 2009

 

 

 

 

Il padre di Stefano Cucchi: all'obitorio era irriconoscibile

31 ottobre 2009

"Dai nostri archivi"

L'avvocato di Stefano Cucchi: negati documenti per la difesa

Caso Cucchi, gli infermieri del 118: non si è fatto visitare

È polemica per la morte sospetta del giovane romano Stefano Cucchi

La morte di Cucchi. Il dovere di chiarire

Alfano: "Sul caso Cucchi il Governo vuole scoprire la verità"

"L'ultima volta che l'ho visto vivo è stato venerdì, il 16 ottobre, al processo per direttissima. L'hanno fatto entrare ammanettato, ma quando s'è accorto che c'ero mi ha detto 'papà vieni, fatti abbracciarè". Lo racconta in un'intervista a Repubblica Giovanni Cucchi, padre di Stefano, il giovane arrestato il 16 ottobre scorso e morto 6 giorni dopo in ospedale.

Il padre ha ribadito che al momento del processo Stefano "era magro e gonfio in faccia, quello sì. Ma non mi sono allarmato - ha aggiunto - è entrato con le sue gambe, camminava e quando l'hanno rinviato a giudizio il 13 novembre, per stizza, ha dato un calcio al tavolo". All'obitorio, invece, Stefano "era nero in faccia, sembrava bruciato tanto era livido - dice Giovanni Cucchi - l'occhio sinistro pesto... magrissimo. Sono impazzito davanti a quel vetro".

Quanto all'ipotesi che Stefano sarebbe caduto dalle scale, "a me non lo ha detto nessuno - ha affermato il padre - mi hanno impedito di parlare con lui, non ho potuto neanche sentire i medici". La notizia della morte è arrivata giovedì. "Giovedì mentre aspettiamo di andare finalmente all'ospedale Pertini - ha ricordato Cucchi - hanno suonato alla porta i carabineri e ci hanno consegnato il decreto di nomina del medico legale per l'autopsia. Ecco come lo abbiamo saputo".

L'avvocato difensore d'ufficio. "Le foto di Cucchi dopo la morte non corrispondono assolutamente a ciò che abbiamo visto noi quel giorno. Quando Cucchi è passato in aula a piazzale Clodio, attorno a mezzogiorno del sedici ottobre, non aveva affatto quell'aspetto". Lo dice in un'intervista al quotidiano 'Il Messaggero' Giorgio Rocca, l'avvocato d'ufficio che il 16 ottobre in Tribunale a piazzale Clodio difese Stefano Cucchi.

"Mi sono chiesto come stesse - aggiunge il legale - era magrissimo. Cosicché il viso, rispetto al corpo, sembrava un po' più gonfio. Ma non posso dire che fosse livido". Rocca dice di non aver avuto l'impressione che Stefano fosse stato pestato. "Direi di no - spiega - Posso pensare, ma è una mia opinione, che abbia preso qualche schiaffo. Se però devo basarmi dai segni reali, la risposta è diversa. Per essere franchi: non aveva né 'bozzì né lividi. Non in quel momento".

Rocca conferma che Cucchi il giorno del processo camminava da solo. "Direi di sì - afferma - Se avesse avuto le vertebre rotte, penso che si sarebbe intuito qualcosa". "Cucchi - prosegue l'avvocato - era molto agitato con i carabinieri. Gli ha indirizzato più volte parole pesanti. Ho dovuto dirgli di stare calmo e tranquillo. Con gli arrestati succede piuttosto spesso".

"Pieno sostegno alle indagini e celerità nell'accertamento della verità e dei colpevoli". È quanto ha affermato il ministro della Giustizia Angelino Alfano nel corso di una telefonata con il procuratore della Repubblica di Roma, Giovanni Ferrara, a proposito dell'inchiesta sulla morte del giovane Stefano Cucchi, deceduto sei giorni dopo l'arresto. "Esprimo vicinanza alla famiglia Cucchi - ha detto Alfano - e, al contempo, ribadisco fiducia nell'operato della Polizia Penitenziaria che, ogni giorno, svolge i suoi delicati compiti con abnegazione e in contesti difficili. Auspico che l'autorità giudiziaria accerti, in tempi brevi, la verità dei fatti".

La dichiarazione del ministro arriva dopo che lo stesso aveva sostenuto che Stefano sarebbe morto in seguito ad una caduta accidentale e al rifiuto di ospedalizzarsi.

Intanto si apprende che di omicidio preterintenzionale il reato ipotizzato dalla Procura di Roma nell'ambito della morte del detenuto Cucchi, avvenuta il 22 ottobre scorso nel reparto penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini.

Il pm Vincenzo Barba, titolare degli accertamenti procede, per il momento, contro ignoti. Alla base della configurazione dell'ipotesi di reato la tipologia delle lesioni riscontrate sulla salma. Verificare se Cucchi abbia subito lesioni, chi gliele ha procurate e se queste abbiano provocato la morte del detenuto: sono questi gli interrogativi ai quali il magistrato intende dare risposte. Per questo sono già stati sentiti come testimoni alcuni carabinieri della stazione Appio-Claudio in cui Cucchi passò, in una cella di sicurezza, la prima notte, quella tra il 15 ed il 16 ottobre scorsi, in seguito al fermo per detenzione di sostanze stupefacenti. Già sentiti anche alcuni agenti di polizia penitenziaria. Altri dovranno essere sentiti, compreso l'uomo al quale Cucchi cedette l'hashish prima di essere fermato. Il pm Barba attende inoltre l'esito dell'autopsia sull'uomo di 31 anni.

31 ottobre 2009

 

 

 

 

È polemica per la morte sospetta del giovane romano Stefano Cucchi

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30 ottobre 2009

Una delle immagini del cadavere di Stefano Cucchi diffusa dai famigliari (Ansa)

Carceri italiani: da gennaio a oggi 146 morti, 59 suicidi

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"Dai nostri archivi"

L'avvocato di Stefano Cucchi: negati documenti per la difesa

Il padre di Stefano Cucchi: all'obitorio era irriconoscibile

Caso Cucchi, gli infermieri del 118: non si è fatto visitare

La morte di Cucchi. Il dovere di chiarire

Alfano: "Sul caso Cucchi il Governo vuole scoprire la verità"

E' bufera sulla sulla vicenda di Stefano Cucchi, il detenuto morto in ospedale dopo l'arresto e di cui sono state pubblicate le sconvolgenti foto del cadavere. Il ministro La Russa dice di essere "certo del comportamento corretto da parte dei carabinieri". Sul cadavere del ragazzo romano sono state riscontrate fratture alla spina dorsale, al coccige, alla mandibola e una brutta ferita all'occhio sinistro.

La storia comincia quando i carabinieri fermano il ragazzo nella notte tra il 15 e il 16 ottobre al Parco degli Acquedotti di Roma con addosso venti grammi di droga. Il 22 mattina, Stefano Cucchi è già un cadavere sul tavolo dell'obitorio dell'Istituto di medicina legale, scavato oltre la sua naturale magrezza, con il volto e il corpo tumefatto. La pubblicazione delle foto ha ottenuto il consenso della famiglia che chiede giustizia non convinta della tesi del ministro della Giustizia Angelino Alfano secondo la quale Stefano sarebbe morto in seguito ad una caduta accidentale e al rifiuto di ospedalizzarsi.

Il ministro della Difesa Ignazio La Russa afferma di non aver "strumenti" per dire come sono andate le cose, ma di una cosa si dice "certo: del comportamento assolutamente corretto da parte dei carabinieri in questa occasione". "Non c'è dubbio che qualunque reato abbia commesso questo ragazzo - dice La Russa a Radio Radicale - ha diritto ad un trattamento assolutamente adeguato alla dignità umana. Quello che è successo non sono però in grado di dirlo perché si tratta di una competenza assolutamente estranea al ministero della Difesa, in quanto attiene da un lato ai carabinieri come forze di polizia, quindi al ministero dell'Interno, dall'altro al ministero della Giustizia".

Per Marina Sereni, vicepresidente dei deputati Pd: "Gli italiani, tutti, hanno bisogno di avere fiducia nelle forze dell'ordine e nel rispetto della legalitá da parte di chi è chiamato a far sì che non venga mai violata. La morte di Stefano Cucchi, 31 anni, arrestato per possesso di stupefacenti e restituito cadavere alla sua famiglia dopo otto giorni trascorsi tra carcere e ospedale, ha bisogno di spiegazioni che non vanno soltanto ai suoi parenti o a chi lo conosceva, ma a chi non vuole perdere quella fiducia e quel rispetto verso lo Stato".

30 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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